Con il post precedente ho terminato di raccontare i lavori che ho svolto per rendere più "vivibile e affittabile"
QUESTO appartamento.
Ora mi pare opportuno scrivere qualcosa di più su questo mio "hobby", sul perché mi piace fare questi lavori, il restauro, il fai-da-te, l'arredamento ecc...
Post a lungo pensato e mai esplicato, per tanti motivi: perché può sembrare una storia malinconica, perché potrebbe essere anche un po' polemica, perché è qualcosa di "tanti anni fa", e sostanzialmente perché parla di me.
Ma alla fin fine la mia vita puzza anche di questo e non necessariamente un odore deve essere per forza cattivo o evocare momenti brutti, può essere semplicemente qualcosa che ci portiamo addosso, che fa parte di noi e in qualche modo struttura il nostro carattere.
Uno dei miei odori è "lana buciata" (mista a cenere bagnata, plastica fusa e altro), me lo porto dentro dal 1993, da quando avevo appena 8 anni. E' l'odore di materassi vecchi, quelli che ancora si imbottivano con la lana, bruciati nella nostra casa in campagna, è l'odore dell'acqua dei pompieri che hanno spento il rogo, ed è un odore pesante, organico, che rimane a lungo nell'aria e in testa.
In poche parole: una notte, mentre noi eravamo a Torino, dei ladri vennero a svaligiare la casa in cui io e i miei genitori passavamo ogni week-end e ogni estate: una casa isolata nella campagna Piemontese in cui erano vissuti i miei nonni e a cui eravamo molto affezionati.
Probabilmente, per farsi luce nella casa buia e senza elettricità, i ladri accesero un fiammifero e gettandolo incautamente fecero divampare un incendio. Dalla ricostruzione dei pompieri, i ladri cercarono anche di spegnere le fiamme con dell'acqua, ma l'impianto idrico era bloccato dal garage, per cui abbandonarono l'idea e scapparono lasciando quasi tutto lì.
Le fiamme vennero avvistate solo quando arrivarono al tetto. Per fortuna i pompieri arrivarono giusto in tempo per togliere la bombola del gas, altrimenti sarebbe saltato tutto per aria, ma ormai di tutto quello che era in casa si era salvato ben poco.
Fin qui: storia tristissima... vi rincaro la dose dicendo che probabilmente l'incendio divampò dalla serie di peluche (70!) che appena una settimana prima avevo portato lì, a cui ero affezionatissima, ma che occupavano troppo spazio per l'appartamento di Torino.
Gli unici mobili che subirono meno danni di tutti furono quelli della stanza in cui dormivano i miei: un armadio, due comodini, un letto e un comò, più un tavolo della cucina lasciato dai ladri in giardino nella fretta di fuggire (tavolo che tra l'altro rubarono in una successiva incursione diversi anni dopo!)
Ma qui, attenzione: c'è la svolta!
Mentre le voci in paese su una nosra "eventuale" vendita della casa si facevano sempre più fitte (e insopportabili), i miei genitori anziché darsi per vinti si rimboccarono le maniche.
All'epoca, purtroppo, avevano appena affrontato delle grosse spese per costruire un muro di recinzione attorno alla casa (sì, lo so è terribilmente ironico!) e non avevano molti soldi, in più si erano dimenticati di rinnovare l'assicurazione sulla casa dalla morte di mio nonno. Per cui c'era poco da fare se non DARSI DA FARE contando sulle proprie forze e capacità.
Ovviamente per le grosse riparazioni, del tetto ad esempio, furono costretti a chiamare dei muratori; alcuni muri interni furono dichiarati inagibili per cui abbattuti.
A noi restavano quei quattro mobili e una casa senza muri: decidemmo di farne un open space!
Vidi mio padre stuccare, segare e modificare l'armadio e il letto, mia madre dipingere tutto con un verde salvia per coprire le bruciature del legno e abbinarlo ad un rosa antico che scelse per cuscini e altra roba.
Imparai che la segatura mista al vinavil è un ottimo stucco per legno e che con un po' di vernice e passamaneria si possono rinnovare mobili che qualcun altro ha gettato via. Vidi e imparai un sacco di cose anche se il mio contributo rimase quasi nullo perché ero troppo piccola per poter fare determinati lavori.
Ci volle molto tempo: passammo un'estate accampati in tenda, nel nostro giardino, fino a che alcuni vicini non ci donarono dei mobili vecchi e ci trasferimmo gradatamente a dormire prima nel garage e poi, finalmente, in casa. Anno dopo anno riuscimmo anche ad arricchire la casa di tante piccole cose nuove o recuperate e rendere l'ambiente, a mio parere, molto carino.
Ora amo quella casa. La amo non solo perché è stupenda (e non solo ai miei occhi), ma perché rappresenta quello che la mia famiglia è riuscita a fare in un momento in cui tutti ci dicevano di gettare la spugna.
Ovviamente è stato un momento brutto, ma penso sempre che siamo stati fortunatissimi: se quella fosse stata la nostra unica casa non so dove saremmo finiti!
Molte persone sognano la "casa perfetta": spendono fior fior di quattrini per l'oggetto di design tanto sognato, si lamentano perché le mattonelle della cucina non sono come le vorrebbero loro, giudicano un "abominio" l'accostamento di due mobili non coordinati tra loro. E in tutto questo fanno sì che la mia vena polemica venga a galla.
La nostra casa magari non sarà mai "esattamente" la mia casa perfetta, lo stile è nato per necessità e col tempo ho imparato ad amarlo, ad apprezzare ciò che ho e ad amare il modo in cui si può ridare vita a qualsiasi cosa.
Forse senza quell'odore di "lana buciata" non mi sarebbe mai venuto in mente di appassionarmi a questi lavori, di sporcarmi le mani per rinnovare un vecchio mobile o inventare qualcosa da zero con materiali di riciclo; lo giuro: non sono un'accomulatrice, una di quelle persone che non sa gettare via nulla e si riempie la casa di roba inutile. Ma cerco di vedere e salvare le potezialità di oggetti che molte persone getterebbero via, e per questo mi sento fortunata!
Già che siamo in periodo natalizio, faccio anche la moralista: Si parla tanto di "essere generosi e altruisti" verso gli altri, ma , secondo me, anche "apprezzare ciò che si ha" è una gran bella cosa di cui si parla poco.
Con questo vi auguro: Buone Feste e una vita piena di "Apprezzamenti"!